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February 27, 2021
Start Date:
March 2, 2011
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€39.00
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PREMESSA: LA SUPERIORITA' DELLA MUSICA SU VINILE E' ANCOR OGGI SANCITA, NOTORIA ED EVIDENTE. NON TANTO DA UN PUNTO DI VISTA DI RESA, QUALITA' E PULIZIA DEL SUONO, TANTOMENO DA QUELLO DEL RIMPIANTO RETROSPETTIVO E NOSTALGICO , MA SOPRATTUTTO DA QUELLO PIU' PALPABILE ED INOPPUGNABILE DELL' ESSENZA, DELL' ANIMA E DELLA SUBLIMAZIONE CREATIVA. IL DISCO IN VINILE HA PULSAZIONE ARTISTICA, PASSIONE ARMONICA E SPLENDORE GRAFICO , E' PIACEVOLE DA OSSERVARE E DA TENERE IN MANO, RISPLENDE, PROFUMA E VIBRA DI VITA, DI EMOZIONE E DI SENSIBILITA'. E' TUTTO QUELLO CHE NON E' E NON POTRA' MAI ESSERE IL CD, CHE AL CONTRARIO E' SOLO UN OGGETTO MERAMENTE COMMERCIALE, POVERO, ARIDO, CINICO, STERILE ED ORWELLIANO, UNA DEGENERAZIONE INDUSTRIALE SCHIZOFRENICA E NECROFILA, LA DESOLANTE SOLUZIONE FINALE DELL' AVIDITA' DEL MERCATO E DELL' ARROGANZA DEI DISCOGRAFICI . VAN DER GRAAF GENERATOR
VAN DER GRAAF GENERATOR
H to He who am the only one
Disco LP 33 giri , 1970 , this is 1971 reissue, Charisma / Phonogram , 6369 907 A , Italia
BUONISSIME CONDIZIONI, vinyl vg++ ( some light surface marks and scuffs / vari segnetti di superficie ) , cover ex-
I Van der Graaf Generator sono uno dei gruppi più significativi del panorama del degli .
H to He, Who Am the Only One è il terzo album in studio del gruppo dei , pubblicato nel .
H to He, Who Am the Only One is the third album by the band . It was released in 1970. The mid-priced "Charisma Classics" re-issue from the early 1980s had a blue cover. The first U.S. issue of the album was on the division of . It featured a revised cover with a white background instead of purple.
During the recording of the album, quit the band. Organist offered to play on the two tracks that had not yet been finished. In concert, Banton would play to substitute for the lack of a bassist. H to He, Who Am the Only One also featured of playing on one track.
The album contains several references to modern physics: "H to He" in the title refers to "the fusion of to form nuclei"; c in 'Pioneers over c.' refers to the .
All songs written by except as noted.
Side one "Killer" (Peter Hammill, , ) – 8:24 "House With No Door" (Peter Hammill, David Jackson) – 6:37 "The Emperor In His War Room" – 8:15, including: part. 1 "The Emperor" part. 2 "The Room" Side two "Lost" – 11:17, including: part.1 "The Dance in Sand and Sea" part.2 "The Dance in the Frost" "Pioneers Over c." (Peter Hammill, ) – 12:42La formazione muta subito dopo il debutto: Ellis abbandona e viene rimpiazzato da ( e ) e (). Questa formazione crea un nuovo sound, che abbandona i toni del primo album per un suono più strutturato e cupo, con evidenti influenze e . Il risultato è l'album , seguito dopo breve tempo da . Durante le registrazioni di H to He, Potter lascia il gruppo, che decide di fare a meno del basso, sostituito dai pedali bassi dell'organo. dei contribuisce con una sezione di nel brano The Emperor in his war-room.
Il quartetto Hammill/Banton/Jackson/Evans di H to He viene oggi identificato come la "formazione classica" del gruppo. Si tratta di una formazione assolutamente atipica nel panorama rock, che riusciva a ottenere sonorità paragonabili, per potenza e aggressività dei suoni, a quelle dei veri e propri gruppi , senza usare né la né il basso. Il loro successivo album, (), è da alcuni considerato l'album meglio riuscito della loro intera discografia. Secondo un formato piuttosto diffuso all'epoca contiene appena tre brani, di cui uno, A Plague of Lighthouse Keeper, occupa con i suoi 20 minuti circa un intero lato del vinile. L'album ha un notevole successo e registra il più grande numero di vendite in , dove rimane nelle top-ten per 12 settimane. La band si impegna in un lungo tour fra il e il , ma difficoltà economiche ne causano l'implosione e Hammill abbandona per iniziare la sua lunga e prolifica carriera solista.
Con il nome di The long hello, il trio rimasto registra un album strumentale omonimo con Potter, e ().
Hammill rimane in ottimi rapporti con i suoi ex compagni, tanto che Banton, Jackson e Evans contribuiscono più volte ai suoi lavori solisti (un brano in pieno stile Van Der Graaf è per esempio In the black room dall'album , che è stato riproposto anche nei concerti che i Van der Graaf hanno tenuto nel , durante la temporanea riunione del gruppo). Nel , i Van Der Graaf Generator tornano a suonare come tali e incidono tre album in dodici mesi. In tutti e tre, sono gli stessi membri del gruppo a curare registrazione e suono (per i precedenti album la supervisione era stata di dei ); le sonorità risultano più essenziali ma anche cariche di una cupa violenza, in netto contrasto con le complessità sonore un po' barocche dei primi lavori. , il primo dei tre, è sicuramente il più cupo di tutta la discografia del gruppo: è un album sulla perdita della speranza. Still Life è, invece, in netta antitesi con il precedente: ha infatti un suono meno teso e nei testi si sente spesso aleggiare un clima di ritrovata speranza.
A Still Life segue un forse meno ispirato , album che contiene comunque ottimi momenti, come ad esempio il brano Meurglys III, canzone dedicata da Hammill alla propria chitarra, dove nella lunga coda il leader dei Van Der Graaf Generator improvvisa alcuni brevi passaggi proprio con la chitarra. Dopo questo album sono Banton e Jackson ad abbandonare. Torna invece Nic Potter e, con una mossa tipica dell'eccentricità della band, Banton viene sostituito da un violinista, , proveniente dagli , a cui si aggiunge in un secondo tempo anche il violoncellista . La band decide anche di abbreviare il proprio nome in Van der Graaf per sottolineare l'assenza di una parte del gruppo. Questa nuova formazione incide solo un album in studio, nel , per poi sciogliersi nel , dopo un magnificamente "oscuro" album live quale Vital, caratterizzato dalle sonorità più violente mai prodotte dai Van Der Graaf Generator (in particolare, il cantato di Hammill risulta un vero e proprio ruggito primordiale). Vital viene registrato dal vivo il al , durante un concerto "a sorpresa" con pochissime persone ma con un eccellente rendimento sonoro (un esempio è il brano Door, pieno di energia e vitalità). Per l'occasione il sassofonista torna a suonare con il gruppo, comparendo come ospite nella seconda parte del concerto.
Dopo lo scioglimento viene pubblicato un altro album di materiale "nuovo": è una raccolta di brani inediti e registrazioni che vanno dal al . La qualità del suono va da un livello a pessima: evidentemente si tratta di una pubblicazione dedicata esclusivamente ai fan più affezionati.
La formazione classica suona ancora insieme occasionalmente. Nel , suonano alcuni brani del loro repertorio alla festa del quarantesimo compleanno della moglie di David Jackson. Nel , salgono sul palco durante un concerto di Hammill e Evans alla ed eseguono Lemmings (da Pawn hearts). Nel , Banton, Jackson e Evans suonano Still life con Hammill alla di .
Dopo il concerto alla Queen Elizabeth, la band decide di ricominciare a scrivere e a incidere insieme e il lavoro per un nuovo album inizia nell'estate del . Ne viene fuori un doppio CD, , in parte costituito da "canzoni" in senso tradizionale, e in parte registrazioni di session di improvvisazione. All'album segue, il , un concerto di grande successo al di e un tour europeo durante il resto dell'anno, che ha toccato anche alcune città dell' (fra cui e ).
Nel 2008 la band intraprende un nuovo tour in seguito alla pubblicazione del nuovo album dal titolo Trisector (18 marzo), che tocca anche l'Italia in un'unica data il 29 marzo a , in provincia di . La line up della band è ora ridotta a un trio costituito da Hammill, Banton ed Evans.
Gli psicodrammi della band di Peter Hammill hanno rappresentato alcuni dei vertici dell'intero movimento progressive. Nelle suite del "generatore" non ci sono fiabe, elfi e gnomi, ma l'angoscia del vivere, espressa attraversa un sound lirico ed epico
Pioneers over c - "The actual story of the pioneers is something I rarely get asked, but which is
all there...they're the first 'astronauts' to try to go over the speed
of light (c) - no explanations for motive power, but then, my job is
portraying human situations rather than mechanica. This is according to
contemporary logic and theory, an impossibility and if (when) it
is done, nobody'll really know what's going to happen the first time
(...'controls still unknown'). In this particular case, my hypothesis
(I reserve the right to other time/eventuality options) is that the
pioneers go into a time warp, endless living death, the void: unable to
get back to earthly reality at all. I say earthly reality because they
still exist, but not for us as people...the intention is there
that they can manifest themselves as 'ghosts' - but that's another
option to explore which is barely touched on in the song/narative
(...'I am the one you fear'). You'll see that the time thing explains
the tensing of the lyrics, the 'statue' bit in particular.
...the best way to go about it is just to think it out for
yourself - guaranteed to blow the mind, time-void: it's the same as
trying to think about 'eternity' both backwards and forwards, God,
whatever - I haven't got it together at all yet, but getting it together is what we're all here for!"
- Peter Hammill in a letter to Jem Shotts, dated 21st February 1972.
"This
is my only attempt at writing a specifically sci-fi song, although the
balancing is much more towards fiction than science.
Man's first plunge into the unknown territory beyond the speed of
light (c): in the light of the discoveries necessary for the attempt,
the date is meaningless, although in rational terms it is ludicrously
optimistic. The Pioneers... the first hypernauts... are, because of
theoretical deficiencies, thrown into time-warp or absolute relativity,
in which they exist as 'creatures' of limitless imagination but total
non-physicality. They are thus potentially ghouls, ghosties,
poltergeists and all manner of indefinable Forces: this is one possible
explanation but, truly, in such circumstances explanations are
meaningless, irrelevant and totally speculative.
My only regret is that I found it necessary to provide a certain
chronological continuity in order to remain, if faintly, within the
bounds of comprehension. I don't pretend that there are any answers
here, and any questions are entirely subjective."
- Peter Hammill, from Killers, Angels, Refugees (1974).
The Emperor in his War-room
- "In retrospect I feel that these lyrics have one particular failing:
in my efforts to illuminate the life of the Tyrant, horrific images
bred and grew out of themselves, so that they became self-justifying,
rather than explanatory. However, the matter was largely out of my
hands, as the elements involved hang on the edge of memory (race or
otherwise) and therefore have tendencies to self-direction. I can only
hope that the system works in reverse."
- Peter Hammill, from Killers, Angels, Refugees (1974).
Gli psicodrammi della band di Peter Hammill hanno rappresentato alcuni dei vertici dell'intero movimento progressive. Nelle suite del "generatore" non ci sono fiabe, elfi e gnomi, ma l'angoscia del vivere, espressa attraversa un sound lirico ed epico
Se c'è un gruppo
che merita l'aggettivazione di "esistenziale" questi sono sicuramente i
Van Der Graaf Generator e se c'è un gruppo, in tale ambito, che si è
salvato, per lo meno nella considerazione critica, dal terremoto punk
della fine degli anni settanta questi sono ancora i VDGG.
Troppo
bravi, troppo lontani da cascami esibizionistici e da derive
virtuosistiche, troppo profondi e drammatici e in fondo troppo
proiettati sul futuro per non essere ricordati e stimati anche ai
giorni nostri.
L'estetica e la filosofia che sottende la musica dei VDGG, poi, non trascende il reale nel favolistico, come nei , non lo dissolve nell'indeterminato, come nella grande progettualità musicale dei , non lo avviluppa in forme estetizzanti e alla fine rassicuranti, come nel formalismo degli Emerson, Lake and Palmer o degli , bensì lo sviluppa nel simbolismo e nella metafora dello psicodramma, nella forza catartica dell'angoscia del divenire.
Non
fiabe, elfi, gnomi, ma l'angoscia del reale in una musica che quasi fin
dall'inizio vive il senso del dramma in una chiave che è sì epica, ma
al contempo quotidiana e suburbana; in tal senso un gruppo molto avanti
sui suoi tempi, esilmente ma inequivocabilmente già proiettato verso il
superamento del
come determinazione stilistica, spostando invece i criteri del genere
in un'ottica di strategia compositiva e di progettualità artistica ed
emozionale.
Il gruppo esordisce discograficamente nel 1969 con Aerosol Grey Machine
ed è costituito da Hugh Banton alle tastiere, Keith Ellis al basso, Guy
Evans alla batteria, un misterioso Jeff al flauto e da Peter Hammill,
autore della totalità dei brani e leader indiscusso, alla chitarra e
alla voce.
Il disco è generalmente poco considerato e
giudicato di transizione, ma in realtà contiene in sé, in maniera se si
vuole incompleta e confusa, già tutti gli elementi degli anni a venire:
musica percorsa da una strana tensione sotterranea, tenuta assieme
dall'organo di Hugh Banton, antieroe delle tastiere in un'epoca di
solisti, e percorsa dai fremiti della vocalità di Hammill, all'esordio
ancora timida e flautata; i pezzi però hanno una struttura melodica che
se già contiene elementi complessi e una forte tendenza al chiaroscuro,
dall'altra appare poco limpida e coinvolgente, con il risultato di
musica emotivamente forte ma di forma confusa, indeterminata; spesso i
pezzi sono condotti dalla chitarra acustica, che il gruppo
successivamente abbandonerà quasi del tutto, dando a volte una nota
quasi cantautorale a livello di arrangiamento; comunque il disco
contiene due pezzi notevoli: "Afterward" e "The Necromancer".
Passa un anno, esce The least we can do is wave to each other,
con un line-up composto da Hammill, Banton, Evans e da David Jackson ai
fiati, e sembra che ne siano passati dieci tanto il salto è notevole;
il songwriting di Hammill è molto più maturo e strutturato, l'organo di
Banton descrive volute armoniche inconfondibili, la voce appare più
piena e convincente, guadagnando in personalità e aggressività, poi a
far quadrare il cerchio c'è l'acquisizione del sax di Jackson, che con
il suo stile lirico e dissonante caratterizzerà il sound del gruppo per
gli anni a venire. La prima facciata del vecchio LP, poi, è splendida,
con la tensione e la raffinatezza armonica di "Darkness" e "White
Hammer" e il crescendo lirico della straordinaria ballata "Refugee",
certamente uno dei brani più famosi del gruppo.
Il disco non
ha successo di vendita ma non passa inosservato se sua maestà Fripp in
persona scomoda la sua chitarra per suonare in un brano del successivo H to he who am the only one,
disco compiuto e impeccabile in tutti i suoi 5 brani, tra cui si
stagliano la melanconica e pianistica "House with no door", la
inquietante, romantica "Lost" e l'aggressiva "Killer". H to he
è un disco nel quale prende piena forma e coscienza il sound cupo e
drammatico, ma sempre estremamente raffinato e non scevro da
efficacissime aperture melodiche, del gruppo.
Alla fine, però, è un disco di transizione, e ci se ne accorge l'anno successivo, il 1972, quando esce, considerato giustamente il capolavoro dei VDGG e uno dei dischi cardine del
tutto. Difficile descrivere la suite "The plague of lighthouse keeper",
con i suoi saliscendi emotivi, con la teatralità dell'impostazione
vocale, con lo splendore delle parti in cui Hammill al piano stempera
l'angoscia e la risolve in un romanticismo drammatico e letterario;
difficile descrivere la tensione estraniante di un brano che racconta
di un mondo altro ma incombente, di una musicalità quasi aliena ma
presente, impossibile da ignorare. Tale splendore rischia di far
passare in secondo piano gli altri due brani, altri due capolavori,
"Man-erg" e "Lemmings".
Dopo Hammill scioglie il gruppo per proseguire i suoi progetti solisti, per poi ricompattarlo a sorpresa nel 1975 con Godbluff.
Parte qui la seconda fase dell'esperienza dei Van Der Graaf, una fase
evolutiva di estremo interesse ma sostanzialmente ignorata e
sottovalutata dal pubblico, anche quello legato al genere, e dalla
critica.
Godbluff è un disco buono e un po'
deludente al contempo. Tra pezzi di retrogusto romantico come
"Undercoverman" e l'aggressività urlata di "Sleepwalker", il gruppo
sembra non poter ripetere le meraviglie del periodo precedente,
comincia però ad affiorare una maggiore urgenza e secchezza negli
arrangiamenti con la voce di Hammill che spesso si erge in un urlo
disperato.
Meglio farà "Still Life" l'anno successivo. Se
l'iniziale "Pilgrim" ci porta indietro di qualche anno, il successivo
brano che dà il titolo all'album è qualcosa di terrificante e in
qualche modo di inedito e ineguagliato, con un inizio inquietante per
voce e organo e con il successivo intervento di tutto l'organico in un
brano disperato nel suo dispiegarsi contorto.
Il successivo World Record
farà ancora meglio, i pezzi assumono qualcosa di alienante, gli
arrangiamenti sono articolati ma anche più schematici rispetto al
passato, la tensione esistenziale dei brani rimane altissima tra un
potenziale hit come la solenne "Wondering" e il minimalismo che fa
capolino nella lunga e complessa "Meurglis III". L'involucro rimane
legato al rock progressivo, ma sottotraccia si erge un'estetica
diversa, più ruvida e meno consolatoria.
World record
è il disco migliore della seconda fase del gruppo, se non altro per la
presenza degli oltre 20 minuti della già citata "Meurglis III", in
assoluto una delle migliori composizioni di Hammill, brano articolato,
fortemente pittorico e teatrale, e per il livello quasi perfetto di
interplay strumentale, in particolare tra l'organo di Banton e il sax
di Jackson.
L'anno successivo esce "The quiet zone/the
pleasure dome" con il violino di Graham Smith che sostituisce il sax di
Jackson. Siamo sempre su livelli ottimi e l'introduzione del violino
accentua ancor più gli aspetti lirici e melodrammatici della musica
interagendo alla perfezione con la voce di Hammill. Il disco, comunque,
contiene alcuni brani deboli e non è al livello dei precedenti.
Forse
Hammill è conscio che il generatore sta esaurendo la sua carica e nel
1978 il gruppo conclude definitivamente la sua parabola, ma prima esce
un live, Vital; in copertina i musicisti sono
statuine inanimate e ciò introduce un disco che è la logica conclusione
della parabola musicale dei VDGG e in qualche modo la sua sintesi
estrema: un disco di una tensione insostenibile, quasi brutale, cattiva
e disperata, suonato in maniera aspra e ruvida, spesso guidato da
secchi accordi di chitarra elettrica e dalla vocalità del leader,
sempre più drammatica e teatrale, ma al contempo lontanissimo da derive
rumoristiche e cacofoniche e da ingenui spontaneismi; a suo modo un
disco molto più vicino a una certa new wave che al
e che rappresenta il precipitato emotivo di ciò che il gruppo è sempre
stato e che ha convogliato di volta in volta in forme espressive
diverse.
Con Vital si conclude la storia del
gruppo, proseguirà Hammill da solista con risultati alterni ma sempre
onesti, un gruppo estraneo alle facili trappole del manierismo e
influente anche al di là dei confini, per quanto vasti e labili, del .
A sorpresa, 27 anni dopo, il gruppo si ricostituisce e pubblica l'album :
2 cd, uno breve (38') di canzoni e uno lungo (più di un'ora) di
improvvisazioni in studio. Parte "Every Bloody Emperor" e già è un
tuffo al cuore, pochi accordi di liquido piano elettrico e un sax
dall'aria conosciuta e quando parte il vocione di Hammill hai già le
antenne dritte. Poi un flauto accompagna la voce, Hammill sbuffa nel
microfono, il pezzo sale di tono e tu cominci a sorridere. Melodia
orecchiabile, entra l'organo, prova un giro che si infrange contro un
solo di sax a stento tenuto in carreggiata, ripresa del tema iniziale e
tanti saluti a casa. Bello. Molto bello. "Boleas Panic", scritta da
Jackson, è uno strumentale a tratti lancinante, tutto giocato tra un
bel tema di sax e un organo che spinge e si contorce nelle retrovie. Un
gorgo magmatico e ribollente. Un urlo senza liriche. I nuovi VDGG
scelgono la presa diretta e sembra di assistere a un live in
studio. "Nutter Alert" è il secondo brano orecchiabile del lotto,
percorso da un Hammill declamante come non mai, con un sax che
imperversa tra ordine ed epilessia.
Poi "Abandon Ship" e "In
Babelsberg", febbrili e frementi, partono da dove era finiti i VDGG
negli anni 70, con "Vital", dal furore istintuale, aspro, tagliente,
abrasivo di quel loro epilogo momentaneo, partono da dove il
progressive si era arenato come una balena bianca, luccicante ma
inerte, partono da traiettorie mutevoli e irregolari che l'Hammill
solista ha toccato senza però penetrarvi appieno, partono dal
presupposto che un gruppo di ultracinquantenni può anche suonare come
una indie-band, tangenti all'intensità del caos senza
sposarne mai la scorciatoia creativa. Chiude il primo cd "On The
Beach", con Hammill malinconico al piano accompagnato da un Jackson in
vena di cool jazz.
Dopo 37' e 34" ascoltati svariate
volte, la sensazione di stare ascoltando un bel ritorno a casa è molto
forte. Dopo aver ascoltato il secondo cd, ti accorgi che gli ospiti
stanno ripartendo. Improvvisazioni. Un gruppo progressive che pubblica
un'ora di improvvisazioni. Dei gruppi storici solo i
hanno dimostrato finora di aver avuto dimestichezza con il genere.
Tutti i brani nascono da intuizioni musicali e atmosferiche che si
avviluppano, si sgretolano per poi ricomporsi, in un incessante lavorio
di fatica creativa posta nell'immediatezza del rapporto con lo
strumento. Suono rock e vandergraffiano, addirittura un paio di brani, come ad esempio "Crux", sembrano abbozzi strumentali di canzoni in divenire e forse lo sono.
And then there were three.
Da tempo David Jackson ha litigato con Peter Hammill e ha lasciato il
gruppo, che per tutta risposta ha messo in cantiere un nuovo disco in
studio. In tre. Di nome (2008).
L'iniziale
"The Hurlyburly" è uno strumentale piacevole ma inconcludente con
Hammill che fa quel che può con il riff alla chitarra, l'organo che
apre nelle retrovie ed Evans che cementa il tutto. Più interessante
"Interference Patterns", primo brano cantato, minimalismo
tastieristico, momenti paranoidei e fin troppo contorti di cui è
disseminata la discografia del gruppo e dell'Hammill solista.
"The Final Reel" introduce un leit-motif
del disco, un romanticismo esistenzialista in sé oscuro, ma non scevro
di una dolcezza quasi tranquillizzante che farà capolino diverse volte
nell'ascolto. Introduzione al piano, brano in crescendo, non
irresistibile la linea melodica, organo old fashioned come
non mai che tiene in piedi il tutto, Evans che spatola nelle retrovie.
La successiva "Lifetime" è sulla stessa falsariga, direi quasi
romantica, niente di irraggiungibile, ma un'atmosfera notturna e tenue,
appena screziata da ombre.
"Drop Dead" sembra la versione cantata di
"The Hurlyburly", inconsistente se non per un discreto tiro. Molto
meglio allora "Only A Whisper", con il suo svanire apparentemente senza
fine. "All That Before" sfodera una muscolarità esuberante, appena
smussata da un bel lavoro di Banton all'organo.
Ed ecco che
arriviamo al cuore, il brano più atteso, la mini-suite (12' 26") "Over
The Hill", brano contorto, a struttura circolare, ipersaturo di musica
e patos. Il disco si chiude con "(We Are) Not Here", trascurabile, se
non per il fatto che riprende nel giro di tastiere e nel cantato
slabbrato un'estetica .
Rispetto
al disco precedente, migliore produzione, migliore registrazione,
migliore anche l'esecuzione, appare pure in qualche modo un album più
completo, definito. L'assenza di Jackson francamente si avverte poco,
si è ben giocato sugli arrangiamente e Banton all'organo ha fatto un
bel lavoro, per quanto old fashioned, tanto che il suono dell'organo ricorda addirittura un periodo proto-progressive.